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domenica 29 novembre 2009

Solidarieta' a Google

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...



La Procura di Milano ha chiesto la condanna di quattro dirigenti 'Google' per non aver vigilato sulla pubblicazione di un filmato nel 2006, dove alcuni compagni di classe maltrattavano, riprendendo con il cellulare, un ragazzo con la Sindrome di Down. Per tre dei quattro manager è stata chiesta la pena di reclusione di anni uno, per il quarto di mesi sei. Come se non bastasse, il Comune di Milano, ritenendosi parte offesa, ha chiesto 300 mila euro alla società per danni morali e materiali.

Rispetto le azioni della Magistratura, ma mi permetto, dapprima, di offrire  la mia solidarietà ai quattro dirigenti e, poi, di dissentire sulla decisione, poiché mi appare frutto di una mancanza di conoscenza tecnica dei meccanismi che regolano il funzionamento e l'esistenza di Youtube.

E' chiaro che chiunque abbia pensato di fare una simile causa è stato tratto in inganno dal fatto che il legislatore non sappia cosa sia esattamente la Rete né, tanto meno Youtube, altrimenti non avrebbe emanato una legge che mette il bavaglio alla Rete.

Se Youtube avesse la possibilità di monitorare le migliaia di video pubblicati dagli utenti in un solo giorno, ed in tempo reale, se imponesse regole e vincoli stringenti in fase di pubblicazione, probabilmente chiuderebbe nel giro di un giorno e, con esso, sparirebbe il più importante canale di informazione libera ed indipendente esistente nel Web.

Inoltre, sulla vicenda specifica, aggiungo che, grazie a quel video, il malcapitato ragazzo, a cui va tutta la mia solidarietà, ha smesso di ricevere angherie quotidiane e, con lui, chissà quanti altri coetanei coinvolti in atti di bullismo. Questo per il semplice motivo che lo scalpore generato dall'episodio ha acceso ulteriormente i riflettori su questa tematica mettendo con le spalle al muro i responsabili di quel vergognoso atto.

Nessuno mi risulta abbia proposto per Google, proprietario di Youtube, un premio di 300 mila euro per aver parimenti consentito l'arresto del presunto killer di Napoli, il cui filmato dell'efferata esecuzione è stato diffuso tramite questo mezzo, attraverso centinaia di migliaia di visualizzazioni in poche ore.

Ritengo, pertanto, la persecuzione dei quattro manager l'ennesimo attacco alla Rete, rea di aver introdotto una rivoluzione sociale ed epocale che l'Italia, ingabbiata nelle sue leggi a favore di un crescente divario tecnologico rispetto agli altri Paesi, non ha ancora compreso.

Chiudo annunciando che l'Italia dei Valori sta lavorando ad un disegno
di legge
 che mira alla diffusione del Wi-Max gratuito in tutti i grandi centri abitati, a partire dalle Provincie. Tale disegno di legge prevederà importanti sgravi fiscali e agevolazioni per tutte quelle attività imprenditoriali che, attraverso l'utilizzo di Internet, riescano a trasferire benefici tangibili nella vendita di beni e servizi ai consumatori e alla comunità. In tale disegno di legge sarà previsto l'accesso gratuito ai costi di
connessione per studenti e famiglie con basse soglie di reddito
.

Internet non è più un accessorio per la vita di un cittadino, ma un diritto di cui è ora che lo Stato si faccia garante.

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...

venerdì 27 novembre 2009

Eutelia: l'unica strada e' il commissariamento (27 Novembre 2009)

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...



Pubblico il video e il testo del mio intervento durante la manifestazione di ieri, 26 novembre a Roma, dei lavoratori Agile ex Eutelia.

Il risultato dell’incontro di ieri e la posizione espressa dal sottosegretario Letta e dal ministro Tremonti, quest’ultima presentata nel corso della puntata di Annozero e in risposta ad una proposta avanzata dall’Italia dei Valori, confermano che l’unica strada possibile per il gruppo Omega è quella del commissariamento.

Il commissariamento permetterebbe di salvaguardare un settore strategico come l’information technology, di conservare le commesse, di bloccare le procedure di licenziamento e, attraverso commissari seri e competenti, cercare interessi industriali, che in Italia ci sono, per poter condurre fuori dal tunnel i lavoratori, ai quali devono essere nel frattempo garantiti gli ammortizzatori sociali.

Quello di ieri è solo un primo passo compiuto verso l’obiettivo di garantire i lavoratori del gruppo Omega, perciò l’Italia dei Valori continuerà a sostenerli e già lunedì, a Milano e Novara, sarà a loro fianco. I tribunali coinvolti dalle procedure previste dalla legge per arrivare al commissariamento devono infatti comprendere che si tratta di una emergenza nazionale.

Testo dell'intervento

Siamo qui per costringere questo governo ad assumersi le sue responsabilità. Abbiamo protestato per ore davanti Palazzo Grazioli, dove Berlusconi si era riunito con i suoi per decidere di portare urgentemente in Parlamento le nuove proposte di legge sulla giustizia che gli servono perrisolvere i suoi problemi.
Abbiamo bisogno di giustizia sociale, di lavoro e di occupazione. Qui ci sono migliaia di persone che non hanno più da mangiare, il lavoro potrebbe esserci ma non c'è perché questo governo ha preso fantomatici piani industriali di signori che non hanno alcun piano industriale credibile, e di cui dovrebbero essere sequestrati, in via cautelativa, tutti i beni prima che li facciano sparire. Al contrario, si dovrebbe attuare immediatamente una procedura di commissariamento, affinché il nuovo commissario, nominato dal tribunale o dal ministero, stabilisca un piano industriale che riapra da subito gli stabilimenti, che garantisca gli stipendi, che possono essere garantiti grazie agli ammortizzatori sociali. Bisogna far tornare a lavorare una realtà fatta di professionalità. Se perdiamo queste professionalità ci vorranno quaranta anni per rimetterle in piedi.


Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...

giovedì 26 novembre 2009

Cosentino: la giunta nega l'arresto (26 Novembre 2009)

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...





L'assoluzione dell’onorevole Cosentino da parte del Parlamento è stata una vergogna. Il fatto che sia stata respinta nella serata di ieri anche la mozione Italia dei Valori, che chiedeva le sue dimissioni da sottosegretario all’Economia, è altrettanto vergognoso. Ma le dichiarazioni di un pentito come Spatuzza che tirano in ballo un Presidente del Consiglio, un senatore della Repubblica e ora anche il Presidente del Senato come referenti di Cosa Nostra e le relazioni con i capi mafia – se davvero fossero vere e riscontrate - non sarebbero solo una vergogna, ma un attentato allo Stato di diritto e alla democrazia.

Ecco perché credo sia necessario – per il bene del Paese – pretendere che i magistrati siano lasciati in pace a lavorare per scoprire se le accuse dei pentiti di mafia siano credibili o meno. Anzi, in un paese normale sarebbero gli stessi chiamati in causa (Silvio Berslusconi, Schifani, Dell’Utri), a sollecitare le indagini della magistratura. Berlusconi, invece, si fa fare dal “suo” Parlamento le leggi per non farsi giudicare, Dell’Utri se la prende con gli organi di informazione e Schifani minaccia querele.

Io, come cittadino e parlamentare, chiedo al Presidente del Senato di correre in un’aula di tribunale per smentire con i fatti quei macigni così ben circostanziati e che parlano di lui, di Filippo Graviano e dei loro presunti incontri. Così come vorrei che Silvio Berlusconi si presentasse spontaneamente, prima che qualche giudice trovi il coraggio di notificargli un avviso di garanzia, per confutare le dichiarazioni e le prove raccolte su di lui che lo indicano come “possibile mandante”, con il sodale Dell’Utri, delle stragi del '93. Questo vogliono sapere i cittadini e lo vogliono sapere attraverso le indagini della magistratura e non attraverso i proclami di ‘Porta a Porta’ o le denigrazioni dei giornali di famiglia contro i magistrati che indagano sulla vicenda. Qui non si tratta di “mettere il Paese nelle mani dei pentiti”, come sproloquia Quagliariello, ma di essere certi che il Paese non sia in mano alla mafia.

Il Paese deve fermarsi ora, adesso, ogni cittadino di questa Italia a pezzi vuole sapere da Berlusconi, Schifani e Dell’Utri se possono rimanere al loro posto. Qui non si tratta del patrimonio di un impresentabile corruttore, di una mazzetta, di estorsione, evasione, di aerei di Stato o lettoni di Putin, qui si tratta di sapere se le più alte cariche dello Stato hanno contribuito a far crescere e prosperare il potere mafioso nel nostro Paese.

Qui è in gioco la stabilità sociale, politica ed economica del Paese. Una cosa è sicura, questo non è un complotto dei soliti comunisti o una trama supportata da falsi volantini di brigatisti, qui si parla di pentiti e quintali di fascicoli e prove documentali da confutare.

Piazza Navona, piazza Farnese, il No B Day, gli appelli della stampa e della società civile, le centinaia di migliaia di firme, non sono sufficienti, la situazione è scivolata di mano in Italia. I parlamentari, anche quelli onesti, passano di giorno in giorno al di là della barricata dell’onestà, ricattati, corrotti da privilegi e soldi facili. Nel mezzo le vittime, i cittadini confusi, rassegnati, messi nelle condizioni di non sapere, frastornati da una realtà artefatta dalle televisioni che negano, confutano, inventano e diffamano.

Non rimane che ragionare su come la Comunità Internazionale
possa intervenire per vigilare sulla situazione politica italiana. Dopo tutto se
gli Stati Uniti hanno deciso di scendere in campo per destituire Saddam e portare la democrazia in Iraq, possono tranquillamente intervenire per rianimare quella italiana e assicurare alla giustizia i nostri politici.

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...

ALCOA : mazzate di governo (26 Novembre 2009)

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...




Sul caso Alcoa, il Governo sposta il tema del confronto da quello della politica industriale a quello della cassa integrazione. L'obiettivo che invece dovrebbe perseguire e' mantenere in vita la produzione degli stabilimenti che, in caso di arresto, non riprenderebbero piu' la loro attività.

Il Governo deve garantire, davanti all’Europa, che all’Alcoa siano riconosciute le stesse condizioni di partenza che spettano agli altri produttori europei per quanto riguarda i costi energetici.

L’Italia dei Valori rivolge inoltre all’azienda una richiesta precisa: una volta ottenute pari condizioni di costo energetico, l’Alcoa deve impegnarsi ad investire nel rinnovamento degli impianti in modo da arrivare ad una autosufficienza energetica che sia anche di basso impatto ambientale.

Governo e amministrazioni locali devono infine ricostruire e sostenere tutta la filiera della produzione di alluminio, duramente colpita dalla cassa integrazione. Per questo l’Italia dei Valori continuerà a sostenerela causa dei lavoratori.

Pubblico di seguito il video ed il resoconto stenografico del mio intervento in Aula durante l'interpellanza parlamentare presentata dall'Italia dei Valori sul caso Alcoa.

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Testo dell'intervento

Antonio Di Pietro: Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per le indicazioni che ci ha dato e vogliamo ribadire, innanzitutto, al Governo che l'Italia dei Valori, forza di opposizione determinata all'azione politica di questo Governo, non lo è a prescindere, come in questa occasione vuole ribadire. L'Italia dei Valori sa bene che la problematica relativa a questa particolare materia, la produzione di metallurgia non ferrosa, coinvolge il sistema imprenditoriale non solo in Italia, ma in Europa e, in generale, nel mondo. L'Italia dei Valori, inoltre, sa bene che la soluzione deve essere presa all'interno dell'Unione europea innanzitutto, proprio per fronteggiare una sleale concorrenza che proviene da altre parti del mondo dove non ci sono i costi aggiuntivi che i diritti civili impongono alle imprese.
L'Italia dei Valori sa bene anche che quel che è successo oggi non può essere addebitato solo a questo Governo, o, meglio ancora, non è un problema di mala gestione di un Governo.
È un problema che attiene all'evoluzione di questo mercato, per quanto riguarda le fusioni delle grandi società a livello internazionale e, quindi, le ragioni per cui esse vanno altrove, dove la produzione costa meno.

Però, proprio per questa ragione, la prego, signor sottosegretario, di riferire al Governo la nostra parziale soddisfazione, non perché vogliamo criticare, ma perché vorremmo partecipare anche noi e dare il nostro contributo per trovare la soluzione. Infatti, la soluzione, come abbiamo sentito da lei oggi stesso, non ci è stata data. Ci è stato detto che dobbiamo trovare una soluzione, ma non quale essa sia. Oggi ai lavoratori di Alcoa che sono qui fuori non riusciamo a dare una soluzione. Non riusciamo a darla perché l'Unione europea ci ha detto che non bastano i VPP, ma è necessario trovare un sistema di autoproduzione di energia - così ha detto lei - su cui io concordo.
Credo sia l'unico strumento possibile, ma ciò che noi chiediamo a questo Governo - non me ne voglia, non è una critica distruttiva, ma costruttiva - è di non inserire misure all'interno di questa finanziaria, che stiamo discutendo in questi giorni, che sia il maxiemendamento in Commissione o in Aula non interessa sotto questo aspetto, ma di approvare dei provvedimenti che mettano in condizione il sistema dell'impresa di trovare conveniente investire attraverso il sistema della rottamazione, un sistema di diversi incentivi, un sistema di produzione di energia in sede locale, che metta in condizione l'impresa di trovare nuova energia e ai lavoratori di mantenere il loro posto di lavoro.
Ciò che noi chiediamo - non vogliamo essere noi coloro che mettono il bastone tra le ruote - è che il Governo a questo punto ci dia una proposta di soluzione insieme alla società.
Infatti, dire che l'Unione europea a ritenuto non sufficienti i VPP, dire che è necessario lavorare nei confronti dell'Unione europea per convincerla ad agire diversamente e di fare anche in questo settore quel che ha fatto per le auto, piuttosto che per le banche e quant'altro, non basta se non diciamo poi in concreto cosa facciamo, come fanno a campare da domani mattina i lavoratori di Alcoa e qual è il piano industriale per potersi mantenere e per poter mantenere l'attività imprenditoriale qui in Italia.
Ciò che manca in questa risposta e che probabilmente mancherà anche nella risposta ai lavoratori di Alcoa è come finisce questa partita. Infatti, al morto ammazzato non importa molto se è morto perché gli è caduta una tegola in testa o perché è stato investito da qualcuno. Al lavoratore che è rimasto senza lavoro non interessa poi tanto se la colpa è dell'Unione europea, del Governo italiano, del passato Governo o dei passati Governi, il suo problema è che da domani non ha più un lavoro.
Ecco perché quello su cui ci permettiamo di dissentire è la mancanza di una proposta di soluzione da parte del Governo sia in questa finanziaria, sia in concreto nella proposta che si intende fare ai lavoratori di Alcoa. Si ha come un sentimento di resa, non si può fare nulla perché l'ha detto l'Unione europea. Su questo forse dobbiamo rivedere un po' tante cose nei confronti dell'Unione europea, per quanto riguarda i due pesi e due misure. Si chiede ai Paesi dell'Unione europea di aprire al mercato globale, senza che l'Unione europea faccia squadra comune nei confronti del resto del mondo per il mantenimento dei livelli minimi di sicurezza nel lavoro, di paghe per i lavoratori, di garanzia per il tempo di lavoro, cioè di quei diritti fondamentali minimi che lo statuto dei lavoratori in Italia e negli altri Paesi d'Europa ha assicurato.
Come vedete, quindi, non è una critica al Governo italiano, semmai è una critica che dobbiamo fare tutti quanti noi, cittadini europei, rispetto a questo modello d'Europa, che vediamo sempre più essere un modello passivo.
Subiamo rispetto alla concorrenza mondiale senza riuscire a fare squadra comune rispetto alla concorrenza mondiale stessa e all'imprenditoria mondiale, e rispetto, soprattutto, alla globalizzazione mondiale che si è tradotta in un sistema di monopoli e oligopoli privati per cui grandi industrie che controllano alcuni specifici mercati a livello mondiale fanno il brutto e il cattivo tempo e stabiliscono loro come si deve vivere e come si deve morire, anche di lavoro.
Per questo vorremmo - e chiediamo - che il Governo faccia sentire la propria voce a livello europeo specialmente nella nuova Commissione europea, che non possiamo più vedere sempre e solo come un'Unione europea dei doveri e non dei diritti.
Ribadiamo il nostro punto di vista per quanto riguarda lo specifico della Alcoa, cioè che quelle che il Governo ha fatto sono promesse generiche; e credo che generiche siano state anche le promesse fatte dai Governi precedenti (di destra, di sinistra o di quant'altro) perché è ovvio che, fino a quando non si formula una proposta concreta ma si dice soltanto che dobbiamo risolvere il problema, ci si muore aspettando.
Mi permetta poi di aggiungere una considerazione, sottosegretario, che riguarda più in generale il problema della situazione imprenditoriale italiana (e non è solo il caso Alcoa, di questo me ne vorrà dare atto): oggi, solo oggi, a Roma sono previste almeno dieci manifestazioni di altrettante imprese italiane, da Eutelia a Omega fino addirittura ai vigili del fuoco.
Oggi abbiamo cioè il sistema della piccola e media impresa che si aspettava una riduzione dell'IRAP e il sistema dei lavoratori che si aspettavano una riduzione dell'IRPEF, una detassazione della tredicesima almeno ed un intervento concreto in questo disegno di legge finanziaria; ma mentre stiamo discutendo in questo Parlamento vuoto, stiamo decidendo sulla legge finanziaria per l'anno prossimo che non stanzia un euro per rilanciare il sistema imprenditoriale italiano!
In queste ore, mentre noi stiamo parlando, ci sono persone disperate sui tetti che non sono individui senza un lavoro specifico, ma sono addirittura ingegneri e dirigenti dell'ISPRA; vi sono cioè in Italia tanti e tanti lavoratori, tante e tante imprese che stanno andando alla malora perché in questo disegno di legge finanziaria manca un'azione governativa nel campo imprenditoriale e del lavoro per rilanciare e risolvere non solo i problemi di Alcoa ma, in generale, quelli dell'imprenditoria, dell'occupazione e del lavoro in Italia.
Per tali motivi - e concludo - l'Italia dei Valori prende atto del fatto che questo Governo ha capito il problema di Alcoa ma che non ha una soluzione per venire incontro ad Alcoa, aspetta che questa soluzione venga al più presto e, fino a quando non verrà, sosterrà le ragioni di Alcoa, di Eutelia e di tutte le altre società e di tutti gli altri lavoratori che in queste ore e in questi giorni sono in mezzo ad una strada per colpa dell'assenza di una politica governativa in materia di occupazione e lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).


Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro www.antoniodipietro.com/...

Vogliono privatizzare la Protezione Civile (25 Novembre 2009)

Elio Vito risponde alla richiesta di Antonio Borghesi di rendere chiaro la faccenda riguardo a un più che probabile progetto di legge che, secondo voci ufficiose, fanno riferimento all'intenzione del governo di voler privatizzazione la Protezione Civile. [Il testo e il video che seguono sono stati prelevati dal sito Di Antonio Di Pietro - www.antoniodipietro.com/...]

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Pubblico il video e il testo dell'interrogazione dall'On. Antonio Borghesi sull'esistenza di una bozza di decreto-legge recante la costituzione, per lo svolgimento delle funzioni strumentali del dipartimento della Protezione Civile, di una società per azioni con capitale interamente pubblico.

La domanda

Antonio Borghesi: Signor Presidente, signor Ministro, noi dell'Italia dei Valori le chiediamo se sia vero che in uno dei tanti, troppi decreti-legge allo studio sia prevista la costituzione di una società per azioni per lo svolgimento di funzioni strumentali al Dipartimento della Protezione civile - tra cui la progettazione, la scelta dei contraenti, la direzione dei lavori, la vigilanza, l'acquisto di forniture e servizi - e se sia prevista effettivamente la stabilizzazione di 1.200 persone e l'assunzione di 50 dirigenti presso la predetta società.

La risposta

Elio vito: Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, posso subito confermare all'onorevole Borghesi che il Dipartimento della Protezione civile sta effettivamente studiando e valutando alcune soluzioni normative relative alla cessazione dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania e all'avvicendamento delle funzioni del commissario delegato per il sisma dell'Abruzzo del 6 aprile 2009, il dottor Bertolaso, con il commissario
delegato, il presidente della regione Abruzzo. Tutto ciò ha il fine di consentire che i predetti procedimenti possano avvenire in modo ordinato e coerente, senza che ne derivi alcuna soluzione di continuità a detrimento del complesso di iniziative poste in essere per il superamento di entrambi i contesti emergenziali.

Circa quanto da lei richiesto, onorevole Borghesi, in ordine alla ventilata adozione della normativa in oggetto mediante la forma del decreto-legge, posso dirle che allo stato ancora nulla è stato deciso e che spetterà al Consiglio dei ministri, qualora tale proposta venga avanzata, valutare l'opportunità dell'impiego di un tale strumento normativo in relazione alle esigenze di natura temporanea e alle condizioni di fatto sussistenti.

Per quanto riguarda un altro aspetto della sua interrogazione, sono attualmente al vaglio del competente ufficio legislativo del Dipartimento della Protezione civile alcune misure atte a consolidare e migliorare la capacità di risposta del Dipartimento stesso nella tutela delle primarie esigenze delle popolazioni colpite da disastri tali da richiedere la dichiarazione dello stato di emergenza.

A tale proposito, non si può escludere che nell'intervento normativo in corso di confezionamento vi possa essere anche spazio per l'inserimento di disposizioni aventi ad oggetto il personale del Dipartimento della Protezione civile, così come - eventualmente - anche una nuova strutturazione dello stesso Dipartimento.

Circa il personale, che da tutti - anche a livello internazionale - è riconosciuto come particolarmente motivato e qualificato nella gestione delle emergenze, si sta valutando la possibilità di attuare procedure di reclutamento nei ruoli della pubblica amministrazione; e circa l'eventuale costituzione di una società in house con compiti prettamente strumentali essa risponderebbe alle medesime finalità di efficacia, efficienza ed economicità dell'azione propria del Dipartimento della Protezione civile.

In ogni caso, ribadisco che si tratta di norme che sono ancora in fase di studio e di riflessione: dunque non è possibile in questa sede giungere a indicazioni o a conclusioni sulle ricadute di un'eventuale tale normativa che sarà conclusivamente adottata, né è possibile prefigurare adesso valutazioni sul merito degli orientamenti che saranno infine prescelti e che naturalmente saranno portati a conoscenza del Parlamento.


La replica

Antonio Borghesi: Signor Ministro, lei non conferma e non smentisce, ma poiché circola già l'articolato - si tratterebbe dell'articolo 11 di un decreto-legge che dovrebbe essere approvato domani - noi dell'Italia dei Valori le diciamo che dopo la privatizzazione dell'acqua saremmo di fronte ad un provvedimento di privatizzazione della protezione civile, che rappresenta una delle funzioni più delicate e più importanti in uno Stato moderno: una funzione che, proprio perché deve intervenire sulle emergenze, spesso può farlo al di fuori delle regole e dei controlli.

Noi ne parliamo in un momento in cui, in Abruzzo, già si sta assistendo ai primi arresti per la gestione degli appalti del dopo-terremoto, dopo che questo Governo ci aveva garantito una particolare prevenzione, che, evidentemente, è fallita.

Con un provvedimento come questo vi saranno eventualmente ancora meno controlli e quindi ancora più tangenti; inoltre, ci troviamo di fronte ad un meccanismo che si colloca al di fuori di tutte le regole che il Ministro Brunetta - che non c'è più e se ne è andato - chiede invece di far rispettare. Ma così andremmo alla stabilizzazione di tanti precari e di tanti dirigenti - amici evidentemente di Bertolaso -, senza una valutazione di merito e senza un concorso: ci chiediamo che cosa potrebbe raccontare poi il Ministro Gelmini a tutti i precari della scuola che hanno perso il loro lavoro!

Concludo: complimenti, ancora una volta siamo e saremo in presenza, se venisse confermato questo provvedimento, di interessi privati in atti d'ufficio.

Noi dell'Italia dei Valori, signor Ministro, ve lo diciamo con forza: prima o poi dovrete rispondere al Paese del modo disinvolto con cui state trattando le cose pubbliche come se fossero affari privati (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)




[Testo e video prelevati dal sito Di Antonio Di Pietro - www.antoniodipietro.com/...]

mercoledì 25 novembre 2009

Agricoltura in estinzione - Sit in C.I.A.

Testo e video prelevati dal blog dell'onorevole Antonio Di Pietro http://www.antoniodipietro.com/...



  Senza immediati e concreti interventi, che devono essere inseriti nella finanziaria attualmente in discussione alla Camera, il prossimo anno più di 100 mila imprese agricole saranno costrette a cessare l’attivita'.

  Gia' quest’anno piu' di 30 mila aziende hanno chiuso i battenti. Sarebbe un tracollo senza precedenti con un danno economico: oltre 10 miliardi di euro” sono le parole miste a rabbia e disperazione presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi.

  Oggi una delegazione Cia ha manifestato a Montecitorio, io c'ero.

Testo del video intervento

L'Italia dei Valori è dalla parte dei lavoratori, dalla parte di chi non ha più il lavoro e dalla parte di chi non riesce a trovarlo. Siamo dalla parte dei soggetti più deboli: si tratta di giustizia sociale. Dicono che io mi occupo solo di giustizia e che sono giustizialista. No, io mi occupo della giustizia sociale. Dietro di me ci sono gli agricoltori, che lavorano ‘a perdere’ senza contare il tempo che impiegano per il loro lavoro, agricoltori ai quali questa finanziaria non dà un euro di sostegno e di incentivi. Una finanziaria che pensa al ponte sullo stretto di Messina e ai soldi per fare autostrade in Libia, una finanziaria che non pensa a dare la possibilità agli agricoltori di arrivare almeno in pareggio.

I soldi che spendono i consumatori per riempire la tavola di prodotti, sono inversamente proporzionali ai soldi che spendono gli agricoltori per produrre. Per ogni prodotto che trovate a due euro sul vostro tavolo, all'agricoltore vengono dati 15 centesimi, a volte anche 12 centesimi. Per fare un esempio, un quintale d'uva costa venti euro dall'agricoltore, mentre voi lo pagate 2 o 3 euro al chilo sul balcone. Cosa voglio dire con questo? Quando pagate 2 euro pagate una somma esagerata rispetto alla somma che gli agricoltori percepiscono per produrre.

Noi dell'Italia dei Valori diamo la nostra solidarietà a questa manifestazione e in Parlamento stiamo facendo il possibile per modificare questa legge finanziaria, affinché dia maggior spazio agli agricoltori e all'agricoltura nel suo complesso.

Testo e video prelevati dal al blog dell'onorevole Antonio Di Pietro http://www.antoniodipietro.com/...

martedì 24 novembre 2009

I veri numeri della Giustizia

Articolo tratto dal video blogdi Claudio Messora (23 novembre 2009 - 18.29)

Silvio Berlusconi Angelino Alfano


 Berlusconi ha annunciato che "parlerà agli italiani" della riforma della Giustizia. Vespa è subito corso a ordinare un paio di scrivanie di ciliegio e una lavagna. Non si sa mai salti un bel contrattino da firmare. Gli youtubers invece stanno affilando i videoregistratori e verificando i collegamenti: c'è aria di videoclip più cliccata del web.

  Se Porta a Porta assomigliasse di più a una trasmissione di informazione politica e di meno a una televendita, quel giorno in studio vedremmo un rappresentante della magistratura argomentare circa i "teoremi" del premier che ruotano intorno all'inefficienza dei giudici, così come vedremmo un giornalista come Marco Travaglio argomentare circa il tormentone della persecuzione giudiziaria iniziata "solo" con la sua discesa in campo, nel 1994.

  Invece non vedremo nulla di tutto questo: tutt'al più il solito Sansonetti intimidito di fronte alle battute sul Milan. Se poi un'Odifreddi qualsiasi si dovesse permettere di tirare fuori Noemi e la D'addario, basterà inquadrare La Russa che, al segnale di Vespa, scatenerà un inferno di filastrocche infantili turandosi naso ed orecchie come solo un vero ministro della Difesa sa fare. Del resto, sappiamo tutti qual'è la situazione delle scuole d'infanzia e quanto costerebbe parcheggiare Ignazio al doposcuola. No, il contraddittorio ce lo faremo da soli, e giacché ormai siamo diventati bravi, questa volta arriveremo preparati.

  La prima argomentazione sarà che la Giustizia in Italia costa troppo. Berlusconi vi dirà che abbiamo troppi magistrati rispetto agli altri paese europei. Le fonti dove attinge i suoi dati sono le stesse dei sondaggi di Emilio Fede: ad personam, come le leggi del PDL. Noi invece, in quattro rapidi click ci portiamo sul sito del Consiglio d'Europa (noto covo di comunisti), consultiamo le pubblicazioni della Commissione Europea per l'Efficienza della Giustizia, il CEPEJ (noto covo di magistrati rossi), e scarichiamo il documento European Judicial Systems - Edition 2008 (dati riferiti al 2006).

  Scopriamo che nel 2006 l'Italia ha destinato a tutto il sistema giudiziario (tribunali, procure della Repubblica e patrocinio gratuito) ben 4 miliardi di euro. Per l'esattezza: 4.088.109.198€. Se è vero che non siamo tra i più virtuosi - Spagna e Francia hanno fatto meglio, rispettivamente con 2.983.492.000€ e 3.350.000.000€ -, è falso che siamo i più spendaccioni. Peggio di noi hanno fatto Inghilterra e Galles, con 5.343.199.553€ spesi, e la Germania, che addirittura ci doppia: 8.731.000.000€, quasi nove miliardi!

  Ad ogni italiano, il funzionamento della giustizia costa 70l'anno. Spendono di più, tra le altre, la Norvegia, l'Olanda, la Scozia, il Galles, la Germania, la Svizzera, l'Irlanda e Monaco, in un crescendo che arriva fino a ben 168€ l'anno pro capite.

Costo procapite giustizia
 Mi direte voi: è un dato incompleto. Vero, va rapportato al Prodotto Interno Lordo, che misura - o quantomeno dovrebbe - la ricchezza di un paese. Se sperate però di ottenere così un responso meno clemente, per assecondare le tesi catastrofiste di Alfano & Co, rimarrete delusi. L'Italia risulta essere nella fascia alta dei paesi virtuosi per quanto riguarda la spesa pubblica destinata al funzionamento della giustizia, espressa come percentuale del PIL pro capite. Per l'esattezza, siamo il diciassettesimo paese più virtuoso. Ben 26 paesi fanno peggio di noi, tra cui: la Svizzera, l'Olanda, la Spagna, la Scozia, l'Inghilterra, la Germania, passando per l'Irlanda del Nord fino alla Croazia e alla Bosnia. Il cittadino del paese più virtuoso, l'Irlanda, spende ogni anno lo 0,10% del sul PIL pro capite. Un italiano spende lo 0,26% e un Bosniaco arriva a spendere lo 0,86%.

Costo Giustizia Pro Capite percentuale PIL
 In tutti i paesi oggetto della valutazione, ma proprio tutti, il più alto costo da sostenere sul budget allocato se ne va per gli stipendi dei magistrati. Inoltre, dove si è capito che per fare processi brevi bisogna dotare la Giustizia di infrastrutture tecnologiche meno obsolete, una larga fetta del budget viene investito nell'IT (computer, reti e accessori). E' questo il caso dell'Olanda, della Norvegia, dell'Irlanda e del Regno Unito.

 Veniamo ora all'annosa questione del numero totale di magistrati: secondo Berlusconi qui in Italia ne abbiamo troppi. Bene, sfogliamo con il ditino il nostro documento PDF e andiamo a pagina 110. Limitiamoci al numero di magistrati professionisti, definiti come coloro che hanno sostenuto un apposito corso di formazione e sono stati assunti per operare lavorare unicamente come magistrati.

Quanti magistrati professionisti abbiamo ogni 100 mila abitanti? Undici, sì: qui in Italia ne abbiamo undici! Troppi? Vediamo: meno di noi ne hanno solo l'Irlanda (3,1), l'Inghilterra (7), la Spagna (10,1) e la Norvegia che però ne ha più o meno tanti quanti noi (10,9). La Francia ne ha 11,9, l'Olanda 12,7, la Svizzera ne ha 16,5, l'Austria più di 20, per non parlare della Germania (24,5), della Grecia (28,4), del Montenegro (37,2) e di Monaco, che arriva ad averne ben 54,5. Cinque volte tanto rispetto a noi.

Numero di magistrati ogni centomila abitanti
  Se poi vogliamo parlare del numero di magistrati non professionisti, ogni centomila abitanti, ecco la nostra più che onorevole posizione: quarti. Con dodici magistrati, veniamo dopo solo la Francia (5), la Bosnia (4) e il Portogallo (4).

Magistrati non professionisti per centomila abitanti
  Beh, ma allora forse il problema risiede nel personale non giudicante (un po' come gli operatori di piano nelle scuole), ovvero i portinai, i cancellieri, i segretari e gli uomini di pulizie dei tribunali. Saranno loro ad essere di troppo. O no?  No.

Ne abbiamo solo 46 ogni centomila italiani contro, per esempio, i 70 della Germania, i 93 della Spagna, i 135 della Slovenia e i 161 della Croazia!

PERSONALE GIUSTIZIA OGNI CENTOMILA ABITANTI
  Uff... Beh! Ma allora forse sono questi benedetti magistrati che non lavorano. Passano il tempo a giocare a freccette, possibile?

 Neppure, mi spiace: proprio no. Nel 2006 in Italia, rispetto ai casi civili, è stata presa una decisione nel merito, ovvero il processo è arrivato a termine, in 2.653.113 casi, contro i 1.588.198 casi della Germania, i 1.624.484 casi della Francia e i 1.094.505 casi della Spagna. Semmai i processi in Italia si accumulano perché siamo l'unico paese dove nel solo 2006 se ne sono aperti 2.825.543, un numero più che doppio rispetto a quelli aperti in Germania (1.104.828), in Spagna (1.169.750) e superiore di un milione rispetto a quelli francesi (1.624.484). Non sarà che in Italia la percentuale di manigoldi ogni centomila abitanti è superiore a quella di un qualsiasi altro paese civile europeo?

  Sembrerebbe di sì, visto che siamo il paese con il più alto numero di nuovi processi penali per atti criminosi gravi. Nel 2006 abbiamo avuto ben 1.230.085 nuovi processi. La Germania, seconda classificata, non arriva che a 854.099 casi.  Tra l'altro, li abbiamo risolti quasi tutti, dato che il numero di processi chiusi è stato di ben 1.168.044.

  In compenso, questo sì, siamo la nazione europea dove divorziare dura di più: ben 634 giorni di litigate coniugali prima di arrivare a un compromesso, contro i 477 della Francia, i 321 della Germania e i 227 della Spagna.  Ma allora non converrebbe mettere fuori legge il divorzio per una decina d'anni? Così, giusto il tempo di risolvere la coda del penale. Facciamo così: ci penso e nella notte - in perfetto stile PDL - butto giù un bel disegno di legge per riformare la giustizia, sulla base di questo accorgimento. Sono sicuro che a Silvio l'idea piacerebbe, visto il capitale che deve versare a Veronica per la procedura di divorzio in corso.

  Insomma, avete capito bene? Fotocopiate questi dati, consegnateli agli amici e ai colleghi di lavoro, attaccateli alle stazioni degli autobus, dei treni, alle vetrine e alle pareti dei pubblici esercizi. Soprattutto, faxateli alla redazione di Porta a Porta durante la registrazione della fatidica puntata. Dopo la performance, diffondete uno, dieci, cento, mille videoclip dove rispondete punto a punto alle confuse motivazioni delineate grossolanamente e in maniera demagogica da un esecutivo un po' troppo allergico ai dati, che qualsiasi giornalista con la schiena dritta potrebbe mettere in difficoltà sventolando una semplice fotocopia. ( E poi, ve lo ricordate Berlusconi l'ultima volta da Vespa? Non mi era parso un campione di lucidità).

  Se la riforma della Giustizia acquisisce assoluta priorità sui gravi problemi che investono questo paese, il motivo non è che il potere giudiziario funziona peggio rispetto alle modalità in cui viene amministrato altrove. Forse, al contrario, dimostra di funzionare anche meglio.

 Ecco, sì. Forse è questo il problema: certe toghe dovrebbero prendere esempio dai politici ed essere un po' meno zelanti!

Articolo tratto dal video blog di Claudio Messora (http://www.byoblu.com/)

Nuovo pentito: “Berlusconi mandante delle stragi”




Nuovo pentito: “Berlusconi mandante delle stragi” di Daniele Martinelli

Le campagne di Berlusconi contro i media stranieri



Articolo tradotto da The Economist - (http://www.economist.com/node/13875626)

Silvio Berlusconi e la stampa
Problemi linguistici
Le campagne del primo ministro contro i media stranieri

18 giugno 2009 | ROMA

A NESSUN POLITICO piacciono le critiche sui giornali e Silvio Berlusconi, primo ministro in Italia, non fa eccezione. Attualmente, nel giro di alcune settimane è arrivato a bloccare le critiche avanzate dai giornalisti stranieri, e quello che hanno scritto non è proprio piacevole da leggere. Tuttora gli attacchi alla sua reputazione vengono in parte della sua formazione. Domande insolute pendono sulle sue relazioni con giovani donne e con David Mills, un avvocato britannico corrotto da lui e recentemente condannato per aver fornito prova di falsa testimonianza riguardo al suo favoreggiamento (Mills sta in appello). Berlusconi cercò di bloccare la pubblicazione delle foto degli ospiti che soggiornavano nella sua villa in Sardegna, aggiungendo che era un'invasione della sua privacy, ma i media stranieri vi vedono una parte del suo atteggiamento di aperta avversione verso la stampa libera.

Berlusconi crede che la forma migliore di difesa sia l'attacco. Lo scorso mese il suo ministro degli esteri definì una critica portata avanti in un articolo scritto sul Financial Times, un giornale d'affari inglese (e comproprietario del The Economist), come giornalismo cattivo e disonesto. All'inizio di questo mese Berlusconi stesso accusò la stampa estera di essere al servizio dell'opposizione del centro-sinistra. Egli ha attaccato i giornali appartenenti a Rupert Murdoch, specialmente il Times, per il loro esteso servizio critico di informazioni. Il Giornale, appartenente al fratello di Berlusconi, ha descritto il lavoro della stampa estera come velenosa e menzognera, riferendosi specialmente alle pubblicazioni britanniche, francesi, tedesche e spagnole.

Alcuni ambasciatori italiani sono stati messi sotto pressione dai media avversi a Berlusconi. L'ambasciatore italiano a Madrid scrisse al giornale El País di dispiacersi della “campagna sistematica di demolizione dell'immagine dell'Italia”. Un giornalista straniero a Roma fu recentemente mandato a chiamare dal ministro degli esteri. I consulenti di Berlusconi hanno cercato di indurre un certo ambasciatore straniero a mettere in riga i giornalisti della sua nazione. Tuttora Berlusconi e i suoi sostenitori rifiutano di inpegnarsi direttamente in confronti con i critici. I corrispondenti esteri lamentano spesso l'impossibilità di effettuare interviste con qualsiasi ministro del governo.

Alcuni giornalisti credono che i loro telefoni siano intercettati. E la minaccia di un'azione legale è costante. L'avvocato di Berlusconi sta portando un'azione contro El País perché pubblicò delle fotografie sarde. Fino all'avvento di Berlusconi, i primi ministri italiani tendevano a non citare in giudizio i giornali. Berlusconi lo fa abbastanza spesso (incluso The Economist). Egli ha tutto il potere che proviene dalla ricchezza personale, dai media sterminati, dagli interessi di editoria e dal controllo sulla televisione commerciale, come pure dall'influenza sulla tivvù di Stato. Il 13 giugno lancia un appello agli uomini d'affari italiani (più tardi ritrattato) di non consentire inserzioni pubblicitarie su pubblicazioni che criticano il suo operato.

Anche il primo ministro ha l'abitudine di non rispondere alle domande. Nel 2002 rifiutò di aiutare i pubblici ministeri in un caso di anti-mafia. Nell'aprile del 2001 The Economist gli chiese di rispondere a più di 50 domande che rimasero senza risposta. Recentemente Berlusconi non riuscì a rispondere a dieci domande poste da La Repubblica riguardo alla sua relazione con una giovane donna, Noemi Letizia.

Quando si preparava a presiedere il summit delle ricche nazioni del G8 a L’Aquila, Berlusconi prendeva in considerazione gli effetti provocati dai suoi attacchi alla stampa estera, sia sulla sua immagine che su quella della sua nazione.

Da The Economist (http://www.economist.com/node/13875626) - tradotto da Carlo Giordano

lunedì 23 novembre 2009

Privatizzazione (Luigi de Magistris)



"L'acqua è come l'aria dicevano gli antichi. Beni primari. Tutto, ormai, vogliono toglierci: l'acqua, la salute, la natura. La violenza di questa politica affaristica non sembra avere uguali nell'era della democrazia: è la forma più deteriore della plutocrazia dei mercanti che governa, in una corsa verso la distruzione del globo, il destino degli uomini".

(Luigi de Magistris)

giovedì 19 novembre 2009

Privatizzazione acqua: diciamo no a questo Governo



Le idiozie a firma di Alberoni (Daniele Martinelli)




Le idiozie a firma di Alberoni - Il blog di Daniele Martinelli

Antiberlusconiano


Essere antiberlusconiano non è una moda, ma uno stile e una pratica di vita, allo stesso modo di chi fa una dieta particolare, onde prevenire un infarto o un cancro. È un arte insomma piuttosto difficile, oltre che pericolosa. La libertà è in e un pericolo costante e, come la vita, finisce dove comincia Berlusconi e il suo libertinaggio. Vita, intesa come capacità di esprimersi senza condizionamenti imposti dall'arroganza del potere. Il potere è sempre arrogante anche quando ti sorride in modo amabile, troppo generoso o ammicante, come fa lui o come ha fatto già Menem per l'Argentina. Il suo non è un sorriso ma un'irrisione. Ridi pagliaccio. Non avrei niente di personale contro Berlusconi, se non fosse per il fatto che ci invade tutti i giorni con le sue barzellette, precisamente quelle dette e fatte di nascosto (come quella dei processi brevi). Niente di umano si può ravvisare nella sua fisionomia volpina, non è nient'altro che un errore o puntiglio perfido della storia, un'atroce marionetta, una maschera di carnevale, un arrogante che si spaccia per il Salvatore, oppure si finge e si immedesima all'occorrenza in una scialuppa di salvataggio per quest'Italia sputtanata e puttana alla deriva. Un'ironia del destino. In questi tempi infami (tutti i tempi sono infami!), al re travicello, la prima repubblica, è subentrato il biscione punitivo d'Arcore. Noi rane ancora gracidanti guardiamo romanticamente la luna o disprezziamo il perfido regalo di Giove che non possiamo rifiutare, ignari del fatto che finiremo prima o poi per nutrire le insane voglie e la foia incontrastata di questo squallore assurdo della natura.

In perfetto stile rezziano potremmo dire: dicesi Berlusconi qualsiasi essere provvisto di un immane potere e un enorme quantità di denaro che lo ha già corrotto ancor prima di corrompere, piovuto dal cielo o dal nulla o da chissà dove, capace di controllare direttamente o indirettamente tutta l'informazione disponibile sul mercato (e disponibile in futuro), capace, e rapace, di controllare le persone e i loro bisogni e fabbisogni, non esclusi i loro sogni. La sua voracità è inestinguibile, assetato di potere politico, civile, penale, sessuale... Da ciò si educe l'indignazione di Di Pietro che (e)rompeva con il suo intercacare: "ma questo che ci'azzecca?" O ci'azzecca o non ci'azzecca, mio caro conterrone, il fatto è che ce lo ha messo in culo a tutti, belli e brutti, anche se il nostro venerabile cavaliere d'Italia predilige le escort (ai miei tempi le chiamavamo puttane, ormai troppo invecchiate e troppo deteriorate nel corpo e nella mente - perciò il termine distintivo) e le belle donne da Camera, con vista o senza vista, e solidarizza con Marazzo che altri usi faceva di quella sua cosa penzolante che fa rima con il suo nome [aiutino: quattro lettere, comincia per c] ...

Berlusconi, Menem, Hitler, Stalin, Putin, ... tante facce della stessa medaglia.

mercoledì 18 novembre 2009

Le privazioni delle cose pubbliche


Dopo la privatizzazione delle ferrovie, delle linee civili e incivili, aeree e terree, il prode, l'inattendibile, l'incoercibile eroe della Governativa Silvio & co. S.p2.a. ottenne la privatizzazione dell'acqua e del cibo. Silvio si prodigava anima e corpo per liberalizzare tutto e tutti. La ditta appaltatrice anzidetta, riuscì anche a privatizzare le patrie galere (dato che ormai lui era di casa) trasformandole in ville lussuose di tolleranza. Era tollerante, eccome se tollerava! Osò sfidare la minoranza, ormai minorata e decimata dell'opposizione, privatizzando l'esercito. In effetti fu una svista, dovuta più che altro al suo zelo intransigente; non si rese lì per lì conto che le forze armate e quelle di polizia erano già privatizzate e di sua proprietà. Il parlamento serviva ormai solo per dare udienza alle barzellette del presidente che, come abbiamo già detto altrove, facevano parte della sua astuta tattica: chi non ride in compagnia o è contro la Governativa di Silvio o è una spia. Niente rimase di pubblico, tutto divenne privato, anche i cessi pubblici che, per usufruirne, bisognava essere tesserati della Governativa. Fu privatizzato anche il diritto che d'allora in poi divenne soltanto privato.

                                                     Addì 18 novembre 73 d.B.

Verba in mutant scripta manent


In principio era il Verbo, poi venne Silvio e le parole e le coniugazioni trovarono nuova vitalità, una nuova modalità di espressione libera e indipendente, avulse dal coercitivo vecchio significato cristallizzato intorno ad esse come una camicia di forza. Una volta scardinate le regole, costringenti a una insana, piatta e lineare condotta univoca, il verbo assunse una funzione creativa, reattiva e specialmente lo si poteva usare per esprimere il contraddittorio, il suo. Ed ora il verbo, non avendo più possibilità univoche, consentiva a Silvio di esprimersi liberamente senza vincolo alcuno. La prima cosa che fece la Governativa Silvio & co. S.p2.a., fu quella di far approvare un DDL che prevedeva l'uso libero del tempo grammaticale, svincolato dalle complicatissime flessioni ormai desuete; tutto venne sempificato in un'unico modo grammaticale che includeva tutti i tempi, onde ridurre gli equivoci della pluralità di espressione. Cosi per DL il verbo avere venne coniugato semplicemente così...

       io ho
       tu non hai
       egli avrebbe
       noi abbiamo
       voi non avrete
       essi non avranno

Silvio passò così alla storia, oltre che per le tante imprese gestionali e ricattatorie (come quella parlamentare), anche per essere stato il liberatore della coniugazione del verbo. Il verbo essere, come il verbo avere, non trovo sorte e libertà migliore...

       io sono
       tu fosti
       egli fu
       noi siamo
       voi foste
       essi furono

Con l'ausilio dei verbi ausiliari liberati dalle regole dei rossi, Silvio poté infine, dopo aver divorziato da sua moglie, coniugare tutti gli altri verbi.

       io non posso essere carcerato
       tu sei carcerato
       egli è carcerato
       noi non siamo carcerati
       voi sarete carcerati
       essi sono e saranno sempre carcerati.

O infinta libertà del Verbo! Grazie Silvio, meno male che ci sei e sempre ci sarai. Hai mantenuto la tue promesse; hai restituito la libertà a tutti e a tutto, anche all'espressione verbale.

Di Pietro in modo burbero e maleducato, osò sfidare apertamente in sede parlamentare il premier, farfugliando la sua ormai desueta grammatica incomprensibile ai più... "e questo che ci'azzecca?" Querelato in prima istanza per abuso di verbo spropositato di vecchio stampo catto-comunista, venne poi condannato alla pena detentiva capitale, ovvero alla confisca di tutto il capitale in contanti, ma soprattutto liberato dalla schiavitù di parola, precedentemente definita in modo incongruo libertà di parola.

                                                  Addì 18 novembre 73 d.B.

Lodo Alfano




          La cosa seria di questa Italietta,
          orrenda, lacché, scaltra e paracula,
          dimostra come essa sia così infetta,
          oppressa, e intanto ancora la si incula.

          Alfan propone il lodo e il presidente,
          lamentando di esser vittima dei rossi,
          farfuglia da tenace impenitente,
          accusa i giudici, prevede guai grossi;
          negando l'evidenza più banale
          ostenta rabbia da vero criminale.

Processi brevi




         Par che Ghedini insieme al presidente,
         rifar volesse la costituzione;
         or non accettando di esser perdente
         cercò di evitar la carcerazione;
         e mise in atto un piano assai procace,
         sì da fare arrossir per la vergogna;
         sifatta legge fatta dal rapace
         infettar vuole l'Italia con la rogna.

         Berlusca impreca e teme la giustizia,
         riottoso, non vuol farsi giudicare,
         e finge poi con solita malizia,
         vilmente, non desiste dal mollare.
         Intanto è lì ancora a comandare.

Per fortuna che Papi c'è




Un sunto di storia di italiana follia

Nella prima repubblica eravamo persuasi che niente di più abietto ci fosse rimasto (né valori, né borsa, né vita) ,  così i nostri intrepidi eroi di mani pulite si diedero da fare per lindare il nostro paese da gente poco onesta e dedita a suoi loschi affari.  Troppo maniaci del loro dovere, presto furono sommersi dalla merdaccia che essi stessi invano cercavano di togliere, sforzandosi ai limiti dell'impossibile, inimmaginabili; ma la quantità era di proporzione così immane, così sesquipedale, che, di conseguenza, furono sopraffatti e soffocati dalla stessa merda che essi cercavano invano di eliminare e arginare. Un grande esempio di incapacità gestionale; un'impresa titanica come quella, avrebbe richiesto ulteriori strumenti e incentivi di proporzioni astronomiche, che nessuno ormai voleva più fornire. D'altronde era come scavare la fossa con le proprie mani, pagare il proprio carnefice per la costruzione del proprio patibolo. Per non annegare insieme agli stronzi puzzolenti riportati a galla dalla sua indagine, Di Pietro, vista la mala parata, persa la partita, partì dando per tempo le dimissioni. Aveva ormai capito bene che a furia di mandati e di avvisi di garanzia, arrestando e condannando, sarebbe rimasto soltanto lui e pochi altri del pool, a sostenere l'accusa. La rivolta popolare sarebbe stata inevitabile. In una così strettissima minoranza, il pool decise di dichiarare forfait; non era proprio il caso di finire in galera in un sistema di maggioranza corrotta  democratica come quella. Infine si capì che il corruttore era proprio lui. Aveva rotto le uova nel paniere a tantissimi e sconvolto lo status quo ante democorrotto che lui cercava contro ogni malcostume vigente di democorreggere. Gli eventi successivi diedero ragione a questo paradosso costituzionale.

Con la fine del pool milanese, nacque la Seconda Repubblica, i cui rappresentanti seduti in parlamento e in altre sedi amministrative corrispondevano finalmente  appieno alla maggioranza della popolazione. Adesso finalmente alla luce del sole possiamo vedere la pasta democratica della nostra nazione: i delinquenti, gli spacciatori e i  mafiosi, prima ingiustamente latitanti, perseguitati e braccati dalle forze dell'ordine catto-comuniste e dalle toghe rosse, possono ora finalmente esprimere a viso aperto e in modo schietto, democriticamente le loro idee e fare anch'essi le loro leggi e i loro processi sommari.  

Dallo sfascio del pool, troppo indirizzato politicamente, nacque la Lega e il partito del Papi della sua libertà (tanta agognata!). Infatti, soltanto in extemis, il princip(iant)e Berlusca riuscì a ripristinare l'ordine democratico infranto dai rossi di mani pulite. Lui stesso a  stento riuscì ad evitare le manette pulite e tante altre cose poco pulite. Inizialmente, non molto forte dell'appoggio popolare, riuscì poi in una strenua lotta, soprattutto mediatica,  a convincere l'elettorato della sua candida candidatura e della sua innocenza espressa da tutti i pori e polli della gogna mediatica. Il popolo rinsavito e riformattato secondo i canoni della benemerita democretineria televisionaria constatò amaramente che il Papi alla sua libertà ci teneva molto, e ne fu felice, se non altro ci credette molto. L'uomo più uguale di tutti gli altri, in un estremo atto di coraggio, inimmaginabile, cercò di aggirare i limiti imposti dalla costituzione incostituzionale catto-comunista,  strenuamente difesa dalle indegne e blasfeme toghe rosse, e dalle bande estremiste extra-parlamentari. Di Pietro in testa, infatti, contro ogni più pallida logica democratica, connivente, in modo incivile e perfido osò sfidare l'uomo più uguale di tutti gli altri, minacciandolo con frasi fatte del tipo "io a quello lo sfascio!".  Ma questo molisano, di Monte-nero (il nome del suo paesino natale già dice tutto!) non era adatto per Montecitorio. I suoi trascorsi anti-democratici avevano impunemente fatto affondare la prima repubblica. Inoltre: sdiceva e balbettava troppo, troppissimo, talché la maggioranza democretinaggiante prese coscienza delle reticenze verbali e si domandava con preoccupazione: "ma costui sta nascondendo qualcosa". Per indole sua costituzionale e regionale gli veniva naturale sopprimere e attenuare spesso vocali e consonanti, il che rendeva il suo stesso discorso controproducente e alquanto ingarbugliato, spesso oscuro e controverso. Il magistrato lottava contro sé stesso, contro la stessa frenesia fisiologia del suo apparato psico-fonatorio. Che ci'azzecca?... Infatti non ci'azzecava; era contrariato dal suo stesso dire. Non faceva che ripetere le stesse cose, scagliandosi come un camicazze d'altri tempi sul povero malcapitato cittadino più uguale di tutti gli altri.

Il cavaliere era invece bello, nobile, sempre sorridente, virile, ma di innocenza virginea, parlava il suo splendido italiano, mai una parola fuori posto, si vedeva bene che non aveva niente da nascondere, anche perché l'italiano medio già sapeva tutto di lui, essendo tra l'altro il suo esecutore testamentario, e lo appoggiava fieramente in modo incondizionato; lui contraccambiava a sua volta appoggiandoglielo altrettanto incondizionatamente. Amore a prima svista. Infatti, pur di preservare questo splendido amore incondizionato corrisposto e sponsorizzato dalle sue stesse tivvù private e pubbliche, il cittadino più uguale di tutti gli altri faceva di tutto per preservare la sua sacra e incontaminata immagine, onde offrire il meglio di sé, alla folla affamata e alla sua follia (qualità di ciò che è folla). Sacrificio che gli costava non poco. Gli costava altresì molto in termini di maquillage e avvocatura. Il Cavaliere era brioso divertente, tergiverso, spesso invaso da una santa collera contro gli eversivi; ma il suo lato più democratico e sensuale (così tanto portato alla connivenza civile!), veniva pienamente estrinsecato dal suo meraviglioso sorriso plenario, elargito a tutti indiscriminatamente, divulgando gratis e a gogò le sue esilaranti barzellette, su scala planetaria. Non ridevano i rossi però, perché avevano ormai già da tempo capito di cosa si trattava. Era una tattica, una tecnica psiconanologica per scoprire gli infiltrati di sinistra. Infatti chi non rideva mostrava chiaramente di essere un sovversivo dell'ordine suo costituito. Di animo intrepido e nobile, in un atto estremo di eroismo decise di liberare la sua Bella Italia dagli ultimi barbari catto-comunisti. Si incaponì pervicacemente nel voler ripulire a tutti i costi le carceri dai futuri carcerati. Indomito, leale, insieme al suo portaborse Ghedini (a torto chiamato tagliaborse dagli infami extra-parlamentari), lavorava di notte per poter fare le sue leggi alla luce del giorno, onde sottrarsi agli assalti e allo scherno dei sovversi rossi durante la loro stesura.

Si vide così costretto per necessità, per il bene della sua cara Italia, a rinnovare la componente parlamentare. Dopo un attento e scrupoloso esame il Cavaliere d'Italia passò ben bene al vaglio le sue future candide candidate che avrebbero dovuto reggere le sorti del Partito della sua libertà e dei suoi membri, almeno quelli più eminenti. Finalmente un po' di giovinezza in un parlamento decrepito e assonnato di un sonno atavico, profondo fino alla morte! La funzione delle parlamentaresse e ministresse è quella di non far scendere l'indice di godimento, pardon di gradimento, onde evitare il calo d'attenzione dei membri... parlamentari. Era una tattica diversiva. Mentre la manovalanza di sinistra veniva distratta dalle visure delle allettanti giovincelle, il governo aveva il tempo per le sue stesure pro-patria.

Il sacrificio per la patria prima di tutto, dal Cavaliere decantata in tanti suoi proclami ed editti. Cantava... insieme al suo accompagnatore Apicella l'amore per il suo paese e per le belle donne, giovani e sensuali, delle quali era paladino e loro strenuo difensore; lo chiamavano talvolta con il dolce appellativo Papi. Se al momento del bisogno si vedono gli amici, e pur vero che quando il bisogno incombe ed è difficile da revocare, tantomeno da commissionare o procrastinare, queste indefesse e dolci fanciulle si prodigano, con tutta l'anima (non lasciando niente di intentato!), verso il salvatore della patria a gambe, pardon a braccia aperte. Solo le migliori, le più belle, e quindi più intelligenti, supereranno l'esame e saranno così pronte a giurare fedeltà alla repubblica, avendo ormai acquisito una visione del mondo a 360° gradi, dopo la loro difficile e impervia visionatura a 90°.